Mentre i tepori della tarda primavera stavano lasciando posto alla prima calura estiva, lunedì 24 maggio 1915 l’Italia entrò in guerra contro il nemico di sempre, l’Austria dell’imperatore Francesco Giuseppe. Non fu certo una decisione inaspettata in quelle frenetiche giornate di maggio, etichettate come “radiose” dall’enfasi dei sostenitori dell’intervento, anche se il governo italiano poco più di nove mesi prima aveva dichiarato la propria neutralità. Ciò nonostante, tra la fine dell’estate del 1914 e la primavera successiva, gradualmente, era andata maturando nel Paese l’inversione di tendenza dalla neutralità alla partecipazione in guerra a fianco dell’Intesa.
Non dimentichiamo che una delle prime e più entusiastiche manifestazioni a favore dell’intervento italiano si era svolta a Padova domenica 7 febbraio nella sala della Gran Guardia, per iniziativa del comitato “Pro Patria” presieduto da Carlo Cassan, un giovane avvocato di origine romagnola che aveva studiato nella nostra città e che si segnalerà tra i più solerti e coerenti sostenitori del fronte interventista nazionale. Il convegno aveva ottenuto un’adesione eccezionale “da ogni centro d’Italia di associazioni patriottiche e civili, di municipi, di personalità del mondo parlamentare, della scuola, della scienza…, in una parola … lo sguardo e i cuori di milioni di italiani convergevano in quel giorno sulla nostra città per sentirne il definitivo responso”.
Specialmente a Padova, che si segnalava come vero e proprio centro culturale delle Venezie, la questione degli italiani del Trentino e della Venezia Giulia era particolarmente avvertita; oltre a ciò, la consapevolezza di schierarsi a fianco di quegli Stati che vantavano istituzioni e leggi di progresso contro l’Europa militaristica degli Imperi centrali, si era tramutata in un preciso dovere morale. Padova si distinguerà come uno dei centri più vivaci e decisivi per l’ingresso italiano in guerra.
In città, svariate istituzioni erano attive e favorevoli all’intervento: il comitato padovano della “Dante Alighieri”, la società “Trento e Trieste”, il battaglione “S. Giusto” costituito da profughi delle terre irredente e da studenti dell’ateneo cittadino, il già citato comitato “Pro Patria”. Per il numero di commiato de L’Intervento, il giornale degli interventisti padovani, lo stesso Carlo Cassan aveva composto uno scritto ove, alla vigilia dell’entrata in guerra, incitava i suoi lettori: “Oggi l’opera degli spiriti è compiuta. La grande ora è giunta. Noi stessi che abbiamo dato la vita a questo giornale e abbiamo fin qui, con tranquilla e serena coscienza, fatto quello che credevamo il nostro dovere, sentiamo ormai l’inutilità della parola. Oggi parlano per noi i fatti, l’azione che incomincia … Non ci facciamo illusioni né vogliamo illudere. La guerra sarà aspra; abbiamo da combattere un nemico valoroso e potentemente organizzato, sprezzante di ogni legge di umanità … Ma la nostra vittoria sarà luminosa e pura … Noi combatteremo per l’indipendenza e l’unificazione completa della patria, per l’avvenire della gente latina”.
Nel giorno dell’entrata in guerra, dal quartiere generale re Vittorio Emanuele III indirizzava un proclama che veniva affisso in tutti i comuni d’Italia: “L’ora solenne delle rivendicazioni nazionali è suonata … Assumo oggi il comando supremo delle forze di terra e di mare con sicura fede nella vittoria, che il vostro valore, la vostra abnegazione, la vostra disciplina sapranno conseguire … Soldati! A voi la gloria di piantare il tricolore d’Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della patria nostra. A voi la gloria di compiere finalmente l’opera con tanto eroismo iniziata dai nostri padri”.
La parola era dunque alle armi. Poco dopo la mezzanotte del 24 maggio, sul monte Natpriciar lungo l’alto corso dell’Isonzo, l’alpino Riccardo Di Giusto del battaglione Cividale cadeva falciato da una fucilata di un soldato austriaco. Immediatamente la guerra rivelava a grandi lettere il suo volto sanguinoso e tragico che al termine di quarantun mesi di estenuanti combattimenti conterà, da sola parte italiana, 650 mila soldati morti e un milione di feriti.
Alberto Espen
Nell’atrio d’ingresso della Camera di Commercio di Padova, in piazza Insurrezione, si trova la lapide commemorativa di Carlo Cassan, vice-segretario della Camera di Commercio. la semplice targa marmorea, inaugurata il 28 novembre 1916 (Cassan cade in battaglia sul Monte Pasubio il 10 settembre di quello stesso anno) è animata da un testo del Professor Turri carico di enfasi retorica: “Carlo Cassan/ con fervore d’asceta/ perseguì la visione si società migliore/ apostolo e martire/ predicò prima la santa guerra/ corse poi volontario tra l’armi/ implorando per sé i pericoli maggiori/ trasse la sua schiera alla vittoria/ e sugello con morte l’ardente fede negli alti destini d’Italia/ Del suo vice segretario orgogliosa la Camera di Commercio/ questo ricordo/ volle/ 1916”. Originariamente la lapide era posta alle pareti della sala del Consiglio Camerale.