Dopo la disfatta di Caporetto si presentò il problema di riorganizzare dei campi di volo per ospitare le centinaia di aerei salvatisi (e lo furono in gran parte perché, a differenza dei mezzi di terra, potevano alzarsi in volo) e permettere il riavvio delle operazioni militari. A causa dell’autonomia limitata degli aerei, soprattutto se a bordo portavano bombe da sganciare sugli obiettivi, tali campi, poco più di un prato ben battuto, dovevano essere a non troppa distanza dalla linea del fronte, ma nemmeno troppo vicini. Nel padovano ne sorsero una quindicina, tra i quali alcuni nei prati dell’alta padovana.
Per uno di questi fu prescelta la risaia di villa Busetto, non lontano da Busiago, in comune di Campo San Martino. La proprietà di Cesare Busetto fu requisita il 7 dicembre 1917 per ospitare la 89a e la 90a Squadriglia SVA 5, riunite nel 22° Gruppo al comando del capitano Francesco Fourquet. Incaricato di eseguire i lavori fu il tenente Vittorio Almagià, ingegnere. “Vengono chiusi i fossi, spianato il terreno, aperta una strada di collegamento e costruite baracche in legno per il personale ausiliario. I sottufficiali saranno alloggiati nella casa dei mezzadri Bonato, gli ufficiali direttamente in Villa Busetto” (Renato Martinello -Francesco Mazzonetto, “Campo San Martino“, Comune di Campo San Martino, 2009).
Il campo è agibile nel giugno 1918 e da qui partono numerose azioni. Dopo l’armistizio del 4 novembre, il campo rimane attivo per quasi un’altra decina di mesi e, ironia della sorte, proprio durante questo periodo avvengono i due incidenti mortali avvenuti durante la breve esistenza della struttura. Il 12 dicembre 1918 muore il tenente Carlo Roccari, comandante dell’89a squadriglia. A causare l’incidente forse la nebbia, che togliendo visibilità favorì l’impatto dell’aereo in atterraggio con i rami di un albero causandone la caduta. Se il tenente Roccari morì nell’incidente (il corpo rimase carbonizzato nell’incendio seguito alla caduta), si salò miracolosamente il sergente pilota Francesco Catania (nella foto) che se la cavò con alcune fratture e 4é giorni all’ospedale da campo di Arsego (vialla Pugnalin).
Il 14 giugno 1919 morì invece il sergente Ferruccio Saita di Milano. Alla madre fu vietato di vederne il corpo, ricomposto a fatica nella bara. A occuparsi di lei fu lo stesso Catania che, secondo quanto raccontato dal figlio Rosario Franco Catania agli autori del citato volume su Campo San Martino, all’insistenza della donna avrebbe risposto “Signora, dato che insiste le farò vedere suo figlio, ma sappia che per avere trasgredito a un ordine io potrei essere fucilato“. A tali parole si arrese, rassegnata.
Una curiosità, raccolta sempre nel citato volume, segnala invece un aspetto più allegro delle vicende del campo di volo: il rapporto tra militari e le fanciulle del luogo. Il volume ricorda almeno tre casi di matrimoni seguiti a questa situazione, tra cui quello dello stesso Catania. Una piccola considerazione: oltre al fascino della divisa, soprattutto di eroi dell’aria, bisogna tener conto della penuria di giovanotti locali, molti dei quali in quel periodo erano ancora sotto le armi.
Il campo di volo fu smantellato nell’estate del 1919. Alla proprietaria, riconoscenti, gli ufficiali piloti regalarono un cavallino bianco e un calesse in vimini ancora custodito nella villa, mentre il corpo del cavallo riposa nel parco dove lo ricorda una lapide. Oggi nella villa ha sede invece l’azienda agricola Le Risare, nel cui sito internet si possono trovare altre informazioni e foto d’epoca, e che ha allestito un moderno campo di volo a pochi metri dal luogo dove sorgevano la pista e gli hangar.
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