La richiesta di un turista che, incuriosito dal nostro sito, chiede indicazioni su cosa visitare a Padova sulle orme della Grande Guerra, mi spinge a scrivere questo post. In città non si trovano trincee, tuttavia molti luoghi interessati a suo tempo dal conflitto non mancano (e lo scopo del nostro sito internet è proprio quello di farlli conoscere). Purtroppo molti hanno perso la “memoria” di quanto è accaduto ormai cento anni fa e troppi non sono visitabili. Possiamo però suggerire una passeggiata per le vie della città, ricordando che a questo link avevamo a suo tempo indicato le proposte delle guide turistiche autorizzate. Diciamo subito che la passeggiata non conduce a villa Giusti, la sede dell’arimistizio, che si trova in periferia.
Poniamo che la visita inizi dalla stazione ferroviaria: è il punto di partenza, il luogo dove arrivarono a decine di migliaia i soldati per l’arruolamento in città, o sulle tradotte dirette al fronte. Qui sostavano e scendevano dal treno; fin dal 1915 la Croce Rossa aveva qui allestito un punto di ristoro e aiuto per i soldati in transito.
Uscendo dalla stazione, in fondo a sinistra si noterà la mole del Tempio della Pace, il grande ossario di Padova che accoglie le spoglie di oltre 4mila soldati della Grande Guerra. Una sua visita dovrebbe concludere il percorso, ma potrebbe anche esserne l’inizio. Di fronte alla stazione si apre invece il lungo corso del Popolo, percorso da miriadi di soldati, come detto, diretti alle caserme per l’arruolamento e,più tardi, da militari e profughi arrivati in città dopo Caporetto. Le cronache parlano di un viale talmente affollato che fu necessario chiuderne il passaggio ai civili.
L’itinerario potrebbe però partire prendendo la via verso destra, oltre la fermata del tram: ci si ritroverà, svoltato l’angolo, in viale Codalunga, di fronte a un bastione rinascimentale, il bastione detto “della Gatta”, che fu teatro della prima grande strage da bombardamento aereo in Europa, l’11 novembre 1916, quando vi morirono 93 civili. All’episodio seguì grande scalpore in tutto il continente. A questa pagina ne potete sapere di più. Il sacello eretto sotto il bastione viene aperto in genere nell’anniversario della strage: vi si accede dal lato opposto, dove si trova anche un edificio eretto negli anni Venti come sede padovana e anche veneta dell’Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra (ANMIG), nata proprio a seguito della Grande Guerra per assistere l’enorme numero di feriti e invalidi.
Proseguendo verso il centro città, oltre piazza Mazzini, si raggiunge la grande basilica del Carmine. La cupola della chiesa andò in fiamme nell’inverno 1917 e fu tra i principali danni alle cose artistiche della città, sempre a causa di bombardamenti aerei. Sul fianco della chiesa si trova un bel monumento ai caduti della parrocchia, di recente restaurato. Per via Dante, oltre la duecentesca porta Molino, si raggiunge piazza dei Signori e, subito dopo, il Duomo: la sua facciata fu anch’essa colpita da bombe austroungariche, così come il vicino teatro Verdi.
A poca distanza dal duomo, in via Marsala, si innalza la facciata di palazzo Papafava, una famiglia importante nella Padova dell’epoca, che aveva tra i suoi componenti vari ufficiali al fronte ed era in contatto con alti vertici militari e politici. Non a caso il palazzo ospitò, dal novembre 1917 alla fine del conflitto, il comando della Missione francese comandata dal generale Foch. Per tutta la durata del conflitto il palazzo fu un luogo di riferimento per i padovani, che seguivano le mosse dei Papafava per capire la gravità della situazione, in particolare dopo Caporetto, e tirarono un sospiro di sollievo quando videro che le signore Papafava non abbandonarono la città: significava che l’invasione austroungarica non ci sarebbe stata. Nel palazzo ebbe sede anche il “laboratorio Papafava”, un laboratorio di cucito allestito nel salone delle feste e frequentato da donne di diverse classi sociali unite dal lavorare assieme per preparare materiale da inviare ai soldati al fronte.
È tempo di raggiungere il cuore della città: siamo in via VIII Febbraio, ai piedi della facciata del municipio cittadino, vero “altare della patria” padovano eretto come un monumento ai caduti (si chiama palazzo Moretti Scarpari, dai nomi degli architetti che vinsero il concorso di progettazione). Un altro monumento prezioso è il portone bronzeo del Bo, il palazzo che è sede dell’università di Padova, che ricorda gli studenti caduti per la patria. Un tempo si trovava all’ingresso del cortile storico, proprio di fronte al municipio, poi fu spostato di pochi metri all’ingresso dell’ala nuova. L’altro edificio che si affaccia sulal piazza è lo storico caffè Pedrocchi: dall’altro lato si trova l’ingresso al piano superiore, dove ha sede il Museo del Risorgimento e dell’Età contemporanea, dove sono raccolti anche cimeli e reperti dedicati alla Padova della Grande Guerra.
Per via Roma si raggiunge quindi Prato della Valle, sede di parate militari: qui, nel rosso palazzo Zacco (oggi sede del Circolo ufficiali), aveva sede il Comando della 10a Divisione Militare Territoriale che vi rimase per tutta la durata della guerra. Sul lato opposto della piazza, accanto alla basilica di Santa Giustina, nei chiostri del convento requisiti fin dall’epoca napoleonica (e poi ritornati ai frati solo in parte) si trovava la principale caserma cittadina, la caserma Vittorio Emanuele III oggi Salomone (dal nome di un asso dell’aviazione deceduto durante un atterraggio al campo di aviazione di Padova). La caserma divenne anche il principale ospedale militare cittadino, assieme a quello di via San Giovanni di Verdara, mentre la Croce Rossa trovò spazio al Seminario vescovile, che si trova poco distante di fronte alla chiesa del Torresino. La parte arretrata della caserma costeggia il vecchio stadio della citta, eretto su un’area che durante la guerra fu occupata da mililtari, e che venne dedicato a Silvio Appiani, attaccante della squadra di calcio di Padova arruolatosi volontario e morto sul Carso nel 1915.
Dal “Prato” si diparte Vittorio Emanuele II, la via da cui il re entrò in città nella Padova liberata durante la terza guerra d’Indipendenza (1866). A metà della via, oggi come allora percorsa da una linea tranviaria, si eleva palazzo Dolfin, oggi Teresianum: qui il nipote del citato sovrano, anch’esso re con il nome di Vittorio Emanuele III, si recò, nella mattina dell’8 novembre 1917, a portare al generale Luigi Cadorna la notizia della prossima destituzione. Quì avvenne quindi il passaggio di consegne, nella stessa giornata, con il generale Armando Diaz, giunto in serata. Il Comando supremo dell’esercito italiano rimase in questa sede fino al gennaio del 1918, poi si trasferì ad Abano Terme, luogo più sicuro e dove i comandi potevano stare raggruppati formando una vera cittadella militare. Pare che il Comando si sia trasferito anche per cercare di allontanare i bombardamenti aerei dalla città, che nel frattempo si erano fatti pesanti (dopo la citata strage al bastione della Gatta, infatti, erano cessati per quasi un anno fino a Caporetto).
Proseguendo fino a piazzale Santa Croce, oltre il piazzale sulla destra si apre un vialetto privato ai piedi del bastione Alicorno che porta alla sede di Assoarma e di alcune associazioni combattentistiche cittadine: qui si trova, al piano superiore, una sala museale che riunisce le varie raccolte di cimeli, alcuni veramente unici, delle varie associazioni.
Torniamo quindi verso il centro città: si può prendere, dal Prato della Valle, via Luca Belludi per giungere al cospetto della basililca di Sant’Antonio, e quindi per via del Santo e via Zabarella raggiungere via Altinate. Qui si trova palazzo Bembo, sede del museo della Terza Armata, scrigno di reperti di grande importanza, come, tra gli altri, la collezione delle firme dei soldati dell’armata, detta “Invitta”, di numerose fotografie, di una raccolta di columbigrammi e così via. Da via Altinate si può rientrare alla stazione passando per il Tempio della pace, citato all’inizio di questo articolo. Buona passeggiata.
Emanuele Cenghiaro
Articolo in aggiornamento
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