Mauro Scroccaro – Claudio Pietrobon
Pianeta sanità – La sanità militare italiana nel Veneto durante la Grande guerra
Antiga edizioni, p. 223
È stato osservato che la Grande guerra non fu soltanto ciò che si svolse nei tanti luoghi che oggi costituiscono per noi cittadini del ventunesimo secolo gli spazi dell’immaginario collettivo costituito dalle trincee del Carso alle cime delle Dolomiti, dall’acrocoro delle prealpi vicentine agli scoscesi versanti del massiccio del Grappa, al corso sinuoso del Piave. Perché le nuove indagini storiche che hanno avuto impulso grazie al centenario di quella che rappresentò «l’inutile strage», per usare un’espressione cara al pontefice Benedetto XV, stanno offrendo inedite tessere di un mosaico che la Grande Storia, per necessità di sintesi, finora non ha potuto (o voluto) ricostruire. È il caso della presenza delle innumerevoli strutture sanitarie dislocate nelle provincie venete nel corso dei quarantuno mesi di guerra, argomento ora sviscerato dagli studiosi Mauro Scroccaro e Claudio Pietrobon in un corposo volume promosso dalla regione del Veneto (Pianeta sanità. La sanità militare italiana nel Veneto durante la Grande guerra, Antiga edizioni, p. 223, s.i.p.).
Scorrendo le pagine si rimane sorpresi nel constatare come pressoché ogni comune veneto, vicino o lontano dalla linea del fuoco, abbia ospitato «ospedali, ospedaletti da campo, infermerie, stazioni di disinfestazione, sezione sanitarie», e soprattutto come tali strutture abbiano trovato collocazione nei tanti edifici civili, religiosi, addirittura industriali che oggi continuano a far parte dei nostri orizzonti quotidiani nell’inconsapevolezza delle vicende che li hanno visti protagonisti un secolo fa. La sanità militare – è stato scritto – non ha prodotto una propria architettura, ma durante il primo conflitto mondiale si è appropriata di un numero incredibile di architetture civili e religiose accogliendo – come testimonia la copertina di questo libro – non soltanto soldati del regio esercito italiano ma anche di parte avversa, che in questi luoghi riacquistarono la salute o vissero gli ultimi istanti della loro giovane vita. Se ci soffermiamo al territorio della nostra diocesi, le curiosità, anche gustose, non mancano.
Fin dal maggio del ’15 Padova e provincia vennero inserite nella cosiddetta «zona di guerra» quale area di interesse delle operazioni di trasporto, manovra e attività dell’esercito operante. In questo frangente furono specialmente la città del Santo e la zona termale di Abano con ben undici alberghi a ospitare strutture sanitarie mettendo a disposizione centinaia e centinaia di posti letto. Ma fu con l’arretramento della linea delle operazioni sul Piave che l’intera provincia venne letteralmente invasa da uno stuolo di ospedali dapprima in precipitoso ripiegamento dal fronte dell’Isonzo, come fu il caso della IV Armata che, dopo Caporetto, concentrò i luoghi di cura nell’Alta padovana; o come il caso degli ospedali della II Armata che dal marzo del ’18 rappresenteranno la base delle strutture sanitarie della neo costituita VIII Armata schierata sul Montello. Gli ospedali posti alle dipendenze di quest’Armata erano in numero di trenta dei quali ben ventidue si trovavano ubicati in provincia di Padova. Dall’interminabile elenco si scopre che fra città e territorio furono quasi duecento le strutture allestite e installate a servizio della sanità militare, presenti nelle cittadine che per dimensioni o vocazione turistica potevano organizzare più posti letto (Abano Terme, Cittadella, Este, Monselice, Piove di Sacco) e a macchia di leopardo in tutta la provincia: a mero titolo di esempio, Veggiano ospitò sette tra «ospedaletti di tappa, reparti someggiati, stazioni di disinfestazione e sezioni sanitarie», Mestrino cinque così come Battaglia. Di Veggiano purtroppo gli archivi non testimoniano quali edifici pubblici o civili siano stati occupati, mentre per Mestrino documentano l’occupazione di villa Raffaella di Arlesega, per Battaglia le ville S.Elena, Castellani, Wollemberg e Neri e la scuola elementare. Quest’ultimo non fu un caso isolato perché gli edifici scolastici – con la forzata interruzione delle lezioni – furono utilizzati, per la medesima ragione, pure ad Arzerello, Brusegana, Cadoneghe, Camposampiero, Conselve, Curtarolo, Legnaro, Loreggia, Monselice, Montagnana, Villa del Conte Voltabarozzo. In un paio di casi, a Borgoricco e a Villafranca Padovana anche le case canoniche diedero alloggio a succursali di ospedaletti per non dire del seminario vescovile patavino che fin dal giugno 1915 fu sede di un importante ospedale della Croce Rossa.
Alberto Espen
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