Alberto Espen
Legami di carta. Una storia d’amore in tempo di guerra
Cierre edizioni, p. 230, 14,50 euro
In un clima di rinnovato interesse per tutto ciò che riguarda la Prima guerra mondiale nelle sue molteplici sfaccettature, lo storico (e collaboratore de La Difesa del Popolo) Alberto Espen aggiunge un proprio tassello alla vasta e variegata produzione editoriale che accompagna la ricorrenza del centenario. E lo fa con una storia dall’inedita prospettiva «dal basso», quella degli «umili» come li definì il grande studioso Adolfo Omodeo, che riporta in luce le speranze, i sentimenti, gli amori e le sofferenze «tra sangue e fango» di un giovanissimo soldato padovano in trincea, Angelo Pegoraro da Solesino, classe 1895, che dialoga con la sua amata fidanzata, Angela Toniolo da Montemerlo, classe 1899.
È una sorta di memoria privata e popolare che si innesta nella “Grande Storia”, quella delle sanguinose battaglie dall’Isonzo al Piave, della dolorosa ritirata di Caporetto, delle decisioni che i soldati si vedevano piombare dall’alto e di cui talora non capivano minimamente le ragioni. In tal modo le pagine del libro propongono non solo racconti di guerra, ma anche un appassionante spaccato della vita quotidiana delle classi subalterne rimandando al «popolo» dei lavoratori (contadini, giornalieri, venditori… ) del primo Novecento, facendo poi luce soprattutto su un oscuro moto di rivolta scoppiato a Solesino per mano di un nutrito gruppo di donne nel maggio del 1917. Fatto non secondario, il volume è impreziosito da un cospicuo apparato documentario-iconografico, un apparato – è bene dire – che in massima parte viene dato alle stampe per la prima volta nella prospettiva di aggiungere un ulteriore aspetto di novità e curiosità di modo che anche il lettore un po’ frettoloso, che si soffermi inizialmente soltanto alle immagini, possa avere un’idea di cosa siano stati il conflitto e i paesi veneti lungo i quarantuno dolorosi mesi della «guerra grande».
Nello scrivere le pagine di questo libro Espen cammina sul filo tra storia e letteratura e, attingendo a una grande mole di testimonianze documentarie non solo del periodo 1914/1918, ricostruisce in modo verosimile la biografia di un umile soldato che, partito dalla Bassa padovana, non ha più fatto ritorno ai propri affetti. Lo storico compone, come in un mosaico, la vicenda di un combattente che il narratore provvede poi a raccontare attraversando tutte le fasi dello sforzo bellico compiuto nei quattro anni dall’Italia, dalle spallate sull’Isonzo al crollo di Caporetto alla battaglia del Piave.
Quello che emerge dalle pagine tracciate con vivacità da Espen è un affresco corale e concreto, anche sgrammaticato se vogliamo, ma che illumina sul modo in cui le classi popolari, in gran parte identificabili con il mondo contadino, hanno condiviso (o se mai subito) la vicenda bellica. Parlare dei quei quattro anni del ’15-’18 non è tanto, o non è soltanto, il racconto di fatti di guerra ormai lontani cent’anni, significa piuttosto indagare l’estrema povertà, l’amara inquietudine, l’incisiva solidarietà che contrassegnarono la vita delle comunità padovane intesa nelle più diverse sfaccettature (istituzionale, religiosa, sociale… ). Con inevitabili rotture, certo, rispetto al passato, ma pure con sorprendenti continuità assicurate dalle autorità locali, dal clero, dai comitati civili che agivano nei paesi travolti dagli eventi. E con una necessità incalzante (e inconsueta per l’epoca) di comunicare, di ricevere notizie, di rassicurare sulla propria condizione: la scrittura divenne così un modo per sopravvivere, un talismano vero e proprio cosicché non stupisce se furono quasi quattro miliardi le lettere e le cartoline postali complessivamente movimentate durante la guerra. Scritte magari in un linguaggio smozzicato e impreciso, che tuttavia rivestono un cospicuo valore storico, riconosciuto anche dal mondo accademico, perché testimonianza di chi la guerra l’aveva vista «dal basso» e che in quegli anni aveva pagato un prezzo altissimo.
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