Più di quarant’anni fa, nella sua villa di Frassanelle sui colli Euganei, il 10 aprile del 1973 cessava di vivere Novello Papafava dei Carraresi, aristocratico e intellettuale padovano, ricordato per aver ricoperto la carica di presidente della Rai nel triennio 1961/64. Secondogenito della coppia Francesco Papafava (1864-1912) e Maria Bracceschi Meniconi (1867-1952), Novello nacque il primo giugno 1899, preceduto dalla sorella Margherita, venuta al mondo nel 1893. L’erede maschio, tanto atteso, ripeteva il nome dell’ultimo, sfortunato signore di Padova, quel Francesco Novello (1359-1406) contro il quale Venezia aveva sferrato, all’alba del XV secolo, un decisivo attacco inteso a debellare definitivamente la signoria dei da Carrara, che aveva governato su Padova per poco meno di un secolo (1318-1405), ma un secolo d’oro. Nel 1406 i veneziani eliminarono gran parte dei Carraresi: Francesco Novello venne ucciso assieme ai figli Francesco e Giacomo, mentre l’altro figliolo Marsilio, rifugiatosi a Firenze, qualche tempo dopo tentò una improbabile riconquista di Padova che lo condusse a una condanna a morte.
Quando Novello venne al mondo, la famiglia Papafava gravitava a Firenze ove, fin dagli albori dello stato unitario, suo padre Francesco e il nonno Alberto (1832-1929) avevano preso dimora. La città in cui si era stabilita la capitale d’Italia fino alla breccia di Porta Pia rappresentò non certo una residenza secondaria rispetto a quella di Padova e alla tenuta delle Frassanelle. Proprio nel capoluogo toscano Novello frequentò il ginnasio, il prestigioso Liceo Michelangiolo dove avrà modo di stringere amicizia con personalità del calibro Nello Rosselli, Gualtiero Cividalli e molti altri ragazzi destinati a recitare un ruolo da protagonisti nella storia culturale e politica italiana tra gli anni Venti e la Seconda guerra mondiale. Firenze volle dire soprattutto Gaetano Salvemini che vi insegnava e diventò maestro sia di Novello sia della sorella Margherita; ma anche contatti con il mondo delle riviste fiorentine, di cui anche Giuseppe Prezzolini sarà a lungo – così come per Novello, sinché saranno vecchi entrambi – un interlocutore e un frequentatore.
Allo scoppio della Grande Guerra, nel maggio del 1915 i Papafava ritornarono nella città del Santo stabilendosi nella dimora gentilizia di via Marsala, che in quegli anni rappresentò un crocevia obbligato di Padova capitale al fronte. La parabola militare di Novello Papafava, non fosse altro perché è quella di un valoroso «ragazzo del ’99», merita di essere, pur per sommi capi, raccontata: fin dal 30 aprile 1917 – perciò non ancora diciottenne – si arruolò soldato volontario nel 20° reggimento artiglieria da campagna, che, come il 58° fanteria, meriterebbe a pieno titolo la qualifica di reparto «padovano», giacché ha partecipato ininterrottamente a 55 anni di vita della città del Santo: qui infatti fu costituito il primo novembre 1889 e qui ebbe sede fino al 1943. Il reggimento era alloggiato in riviera S. Benedetto nella caserma allora chiamata «Antonio Ferrero», dal nome dell’eroico artigliere che il 9 giugno 1888 salvò dalle acque un bambino caduto in un fiume (divenne quindi caserma «Monte Grappa» e infine, dopo la guerra di Liberazione, caserma «Giacomo Prandina», dal nome dell’ingegnere padovano medaglia d’oro della Resistenza, scomparso nel lager di Gusen).
Tornando al conte Novello, fu in seguito ammesso al corso obbligatorio presso l’Accademia militare di Torino e nominato aspirante sottotenente presso il 24° reggimento artiglieria da campagna, quindi sottotenente di complemento nell’arma dell’artiglieria, dove nel 3° reggimento da montagna meritò una Medaglia di bronzo al valor militare: nell’ultima decisiva battaglia, quale ufficiale di batteria «con sereno ardimento, con rapido e sicuro intuito della situazione, sotto violente raffiche del fuoco nemico, piazzava un pezzo da montagna della sezione ai suoi ordini a circa un centinaio di metri dalle mitragliatrici nemiche che ostacolavano l’avanzata delle nostre truppe e, aiutando i serventi nel rifornimento delle munizioni, riusciva, col tiro preciso del cannone, a ridurre al silenzio le armi avversarie. Revine Lago (Vittorio Veneto) il 30 ottobre 1918».
Alla conclusione del conflitto, dal dicembre 1918 al marzo 1919 viene assegnato all’Ufficio armistizio e confini del Comando Supremo, alle dipendenze del maggiore Ferruccio Parri. Il 21 settembre 1919, mentre era assegnato alla batteria di Voloska, aderì all’occupazione di Fiume, reclamata a gran voce dal vate da Gabriele D’Annunzio, di fatto realizzata da un reparto di granatieri comandato da Carlo Reina, assiduo frequentatore di casa Papafava.
Novello Papafava si laureò presso l’ateneo patavino nel 1922 discutendo la tesi «Antinomie dell’idealismo attuale» con il prof. Erminio Troilo. Sempre nello stesso anno (27 settembre) si unì in matrimonio con Bianca Emo Capodilista (1899-1985), da cui avrà otto figli.
Dal ’22 al ’45 si dedicò principalmente agli studi storici e filosofici, essendogli impedito di partecipare alla vita politica per la sua chiara avversione al regime. Aderì pertanto all’associazione antifascista clandestina, firmò il manifesto degli intellettuali antifascisti ed entrò nel mirino dello squadrismo padovano, che più volte diede assalto alla sua casa. Partecipò all’esperienza dei convegni di Camaldoli, culminati nel 1943 nel cosiddetto codice di Camaldoli, manifesto del cattolicesimo politico italiano rivolto al dopoguerra e ispirato alle encicliche sociali di Leone XIII.
Nel 1942 collabora al periodico vaticano «Ecclesia», entrando in rapporti con Alcide De Gasperi. Nel suo palazzo di Padova, messo a disposizione di Concetto Marchesi, nel settembre 1943 nacque il CNL (Comitato di Liberazione Nazionale) regionale veneto. In quell’anno fu incarcerato per lunghi trenta giorni e la sua dimora cittadina requisita dalla Repubblica Sociale Italiane per collocarvi il ministero di Culturale Popolare, cosicché egli fu costretto a riparare alle Frassanelle.
Nel dopoguerra rivestì svariate cariche pubbliche, tra le altre nella Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, nell’associazione ex combattenti, nell’Accademia patavina di SS.LL.AA.
Dal 4 gennaio 1961 all’8 giugno 1964 è nominato presidente della Radiotelevisione Italiana, accompagnando in tale veste papa Paolo VI nel suo storico pellegrinaggio in Terra Santa e assistendo allo storico abbraccio di pace tra il pontefice e il patriarca Athenagora (4 gennaio 1964). Durante il suo mandato, inoltre, venne acquisita una sede prestigiosa per la sede regionale veneta della RAI, il barocco palazzo Labia di campo S. Geremia a Venezia.
Delle attività di storico e studioso di Novello Parafava daremo conto in altro articolo.
che bel ricordo che risale agli anni 1971-72! ho conosciuto Nouvelle Papafava dei Carraresi, durante una gitta al museo di San Martino Solferino. Mio suocero, all’epoca,era présidente del museo !
Buongiorno,
ringrazio del cortese, gradito riscontro: Novello Papafava dei Carraresi è stato una figura davvero autorevole del “secolo breve”, della quale oggi si è purtroppo perduto il ricordo.
Alberto Espen