Editoria e Grande Guerra: suggerimenti

In un clima di rinnovato interesse per tutto ciò che riguarda la prima guerra mondiale nelle sue molteplici sfaccettature, anche il mondo dell’editoria non sta a guardare e recita la sua parte proponendo innumerevoli, interessanti letture.

Senza voler essere necessariamente esaustivi, partiamo dai prodromi del conflitto e da due domande che immancabilmente rimbalzano: fu inevitabile la grande guerra? Dall’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo doveva necessariamente scaturire un conflitto mondiale? Le risposte, intelligenti e per nulla scontate, in due libri: quello scritto a quattro mani da Franco Cardini e Sergio Valzania, La scintilla. Da Tripoli a Sarajevo: come l’Italia provocò la prima guerra mondiale (Mondadori, p. 208, 19 euro), cui si affianca 1914: attacco a Occidente dello storico Gian Enrico Rusconi (il Mulino, p. 320, 24 euro).

Proseguiamo la nostra carrellata con la narrativa. Fra le nuove opere, merita gli scudi Presagio (Sellerio, p. 155, 12 euro), il nuovissimo romanzo di Andrea Molesini, ambientato alla fine di luglio del 1914: il presentimento di guerra che aleggia sull’Europa, aleggia pure sugli ospiti del leggendario hotel Excelsior al lido di Venezia, intrecciando le vite di personaggi realmente esistiti con figure di romantica invenzione. Segnaliamo poi la ristampa di un vecchio romanzo, Il grande balipedio (Endemunde, p. 160, 11,90 euro), tra le più intense pagine dello scrittore veneziano Carlo della Corte, scomparso una quindicina d’anni fa. Un balipedio, spiega il dizionario, è un campo sperimentale per il tiro dei cannoni e per altre esercitazioni a fuoco: così appare il fronte dell’Isonzo, martoriato da una tempesta d’armi d’ogni tipo, un colossale tiro a segno sovente funestato dal cinismo degli alti comandi. Passando agli autori d’oltralpe, Ci rivediamo lassù di Pierre Lemaitre (Mondadori, p. 452, 17,50 euro), 500 mila copie vendute in Francia, è un affresco di rara potenza evocativa, che rivela gli affanni di due sopravvissuti alla carneficina della Grande Guerra, condannati a una vita grama da emarginati. Tornando alle ristampe, imperdibile la raccolta La paura e altri racconti della Grande Guerra di Federico de Roberto (e/o, p. 139, 14 euro): un eroe per caso, protagonista d’una involontaria, esilarante impresa; un eroe vero che, al cospetto dell’orrore, preferisce disertare dalla vita; un disertore che dal suo domestico rifugio era creduto eroe. Eccola, con i protagonisti verosimili delle storie di De Roberto, la guerra vista «dal di dentro».

Trattando della nostra regione, una buona lettura è Vigilie 1914-1918 di Antonietta Giacomelli (il Poligrafo, p. 457, 18 euro), una ormai dimenticata scrittrice veneta originaria della Marca trevigiana, sorretta da una forte fede in Dio e nella Patria, che visse quegli anni con forte intensità e partecipazione. Quella della Giacomelli, è una vivida testimonianza sullo spirito dell’epoca e sull’angoscia di una guerra che invase le terre venete e sconquassò la vita delle comunità civili. Nicoletta, la crocerossina protagonista e voce narrante del suo libro, riporta con semplicità e minuzia la vita quotidiana del Veneto sconvolto dal conflitto, che non guarda in faccia nessuno, dai ricchi proprietari fondiari ai contadini diseredati.

C’inoltriamo, da ultimo, in un territorio piuttosto inesplorato dalla storiografia e dalla pubblicistica. Qual è stato il ruolo delle donne italiane nella grande guerra? In tutti i paesi belligeranti, il conflitto fu occasione di emancipazione per le donne che si trovarono a rimpiazzare in molte funzioni gli uomini partiti per le linee di combattimento, e in qualche modo andarono in guerra pure loro: come crocerossine, come portatrici in Carnia, come “belle signorine” nelle retrovie a sollievo delle truppe. Ma anche donne che hanno avuto una parte di primo piano nelle cronache del tempo e che talora sono state anche riconosciute e ammirate dai contemporanei. Ma poi, appena si raffreddò la memoria comune, passarono nel silenzio di una sepoltura che venne considerata naturale. Come non ricordare le figure della regina Elena che trasformò il Quirinale in ospedale, delle intellettuali che militarono pro o contro la guerra, da Margherita Sarfatti a Eva Amendola e Angelica Balabanoff, alla dimenticata maestra dell’antimilitarismo Fanny dal Ry per finire con Rosa Genoni, pioniera della moda italiana, che abbandonò il lavoro e si batté contro la guerra? Le loro parabole esistenziali sono narrate in Donne nella grande guerra (il Mulino, p. 240, 22,00 euro), volume curato dal collettivo di autrici che fanno parte di Controparola, un gruppo di giornaliste e scrittrici nato nel 1992 per iniziativa di Daria Maraini. Sulla partecipazione della componente femminile è pure imperniato Una patria per le donne. La mobilitazione femminile nella grande guerra di Augusta Molinari (il Mulino, p. 249, 20 euro), che propone un aspetto ripetutamente dimenticato: facendo propria la convinzione di un’estraneità delle donne al conflitto, la storiografia ha analizzato prevalentemente gli episodi di ostilità alla guerra da parte di donne operaie e contadine o qualche iniziativa isolata di donne dei ceti abbienti e di élite femminili intellettuali. Queste pagine forniscono, invece, un quadro complessivo delle attività di assistenza e di propaganda svolte dalle donne, in prima persona mobilitate a sostegno del primo conflitto mondiale.

Alberto Espen

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